Nan Goldin: Joey at the Love Ball, NYC, 1991 Volti nella folla Immagini della vita moderna da Manet a oggi Click for English text A partire da questa duplice condizione si è sviluppata un'arte specificatamente moderna, nella quale lo spettatore viene coinvolto nel ruolo di partecipante alla scena raffigurata. Attraverso un'inedita strutturazione dello spazio pittorico il campo visivo dello spettatore si identifica con quello dell'artista o di un ideale obiettivo fotografico; lo spettatore è parte della scena, come il cittadino lo è della moderna società. Le grandi rivoluzioni artistiche del secolo scorso sono state associate allo sviluppo dell'arte astratta modernista, che dall'astrazione e dal monocromo giunge all'opera d'arte concettuale smaterializzata e al pensiero stesso come opera, sottolineando il ruolo assunto dalla fotografia e dalla cinematografia nel liberare progressivamente l'arte dall'esigenza della raffigurazione. Tuttavia, lungo tutto il XX e all'inizio del XXI secolo, l'uso persistente dello spazio illusorio e della figurazione nelle pratiche di artisti operanti tra pittura, collage, scultura, fotografia, film e video, delineano una storia parallela dell'arte contemporanea, altrettanto radicale. Individuando proprio nell'opera di Édouard Manet, "Le Bal masqué à l'Opéra" (Ballo in maschera all'Opera, 1873) un punto di partenza, "Volti nella folla" intende tracciare una storia di questa avanguardia figurativa. Gli scenari realistici di Manet non hanno solo inaugurato un inedito uso del piano pittorico piatto che ha aperto la strada all'astrazione modernista, ma offrono contemporaneamente una coinvolgente rappresentazione di quell'istantaneità, fluidità e mutevolezza che costituiscono uno degli aspetti più evidenti della modernità stessa fin dal suo avvio. D'altro canto, un altro orientamento scorre parallelamente a questa visione ottimistica, un senso acuto di diffidenza, il domandarsi se sia mai veramente possibile entrare in relazione con gli altri o sopravvivere all'alienazione dell'anonimato e all'energia schiacciante della folla che ci circonda. Questo sentimento induce Edvard Munch, Alberto Giacometti o Francis Bacon a raffigurare un universo interiore tormentato o esasperato e porta artisti come William Kentridge o Willie Doherty a interrogarsi sulle responsabilità del singolo in relazione alla storia collettiva e sull'identità stessa in relazione agli stereotipi imposti dalla società. Per artisti quali Alexandr Rodchenko o Joseph Beuys la figura umana incarna un impulso rivoluzionario, trasgressivo o simbolico, ben rappresentato anche dall'evoluzione della fotografia, attraverso il contributo di fotografi come Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, Tina Modotti, Walker Evans, Helen Levitt, Mario Giacomelli e David Goldblatt. Se alcune opere rappresentano una drastica rottura formale con il passato, proponendo strutture innovative e radicali, altre rappresentano l'impatto della vita moderna nei termini del progressivo disfarsi di una soggettività autonoma, come nei pedinamenti urbani di Vito Acconci, Sophie Calle, Steve McQueen, Francis Alÿs, o nei travestimenti di Cindy Sherman e nelle narrazioni sotterranee e ambigue di Janet Cardiff e George Bures-Miller, Paul Pfeiffer, Omer Fast e Destiny Deacon. Lungo tutto l'arco del periodo moderno e postmoderno non solo gli artisti, ma anche scrittori come Charles Baudelaire e Edgar Allan Poe, filosofi come Walter Benjamin, Theodor Adorno e Giorgio Agamben, storici e sociologi come Georg Simmel e Hannah Arendt, hanno affrontato il tema dell'individuo in relazione al collettivo e quello del collettivo in rapporto all'individuale, subendo il fascino della folla e della sua multiforme vitalità. Oggetto di discussione per tutto il secolo scorso, essa costituisce tuttora un argomento cruciale nel mondo globalizzato, gremito di gruppi interconnessi e di "moltitudini" di singolarità. Proprio la natura transitoria e temporanea della folla appare anzi oggi più reale di qualsiasi concetto più vecchio di "classe" o "massa": è una sfida al nostro pensiero, alla nostra immaginazione politica e al contempo all'universo delle illusioni che l'arte da sempre offre. Carolyn Christov-Bakargiev A cura di Iwona Blazwick e Carolyn Christov-Bakargiev. La mostra è stata organizzata in collaborazione con la Whitechapel Gallery di Londra. Esposizione: 6.4. - 10.7.2005 Orario d'apertura: da martedì a giovedì: 10-17, da venerdì a domenica: 10-21 lunedì chiuso Museo d'Arte Contemporanea Castello di Rivoli Piazza Mafalda di Savoia I-10098 Rivoli (Turin) Telefon+39 011 9565 222 Fax +39 011 9565 230 Email info@castellodirivoli.org www.castellodirivoli.org Faces in the Crowd Picturing Modern Life from Manet to Today A specifically modern art developed out of this condition, where the viewer becomes a participant within pictorial space and the pectator's field of vision becomes one with the artist's (or with an ideal camera eye). The spectator is part of the scene, like the city-dweller in modern society. The great revolutions in twentieth century art tend to be associated with abstraction. Along this route, abstraction, the monochrome and, finally, the dematerialized conceptual artwork - thought itself as art - developed. It has also been argued that in the age of photography and film, art needed to reach beyond figuration. But the persistent use of illusionary space and the represented figure throughout the twentieth century and into the twenty-first in the practices of artists working across a broad range of media from painting, collage and sculpture, to printmaking, photography, film and video, suggests a different parallel history which is equally radical. Taking Édouard Manet's "Le Bal masqué à l'Opéra" (The Masked Ball at the Opera, 1873) as its starting point, "Faces in the Crowd" traces a history of avant-garde figuration. Manet's vividly realist scenarios not only introduced the flat picture plane and ushered in Modernist abstraction, but offer a compelling snapshot of the modern, of instantaneity, fluidity and change which have been the most evident traits of modernity since its inception. By contrast, parallel to this optimistic viewpoint, another thread has run through modern and contemporary art: an acute expression of self-doubt, the questioning of whether it might ever be possible truly to connect with others, or to survive the alienation of anonymity and the overwhelming energy of the crowd that surrounds us. This has led Edvard Munch, Alberto Giacometti or Francis Bacon to present a tortured or exhilarated inner life, or artists such as William Kentridge and Willie Doherty to explore the responsibilities of the individual within the collective and the personal in contrast with the stereotypical. For Alexandr Rodchenko or Joseph Beuys the figure can be an agent of social change, revolutionary, transgressive or symbolic that represents a dramatic rupture with the past, and this aspect becomes evident in the work of photographers such as Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, Tina Modotti, Walker Evans, Helen Levitt, Mario Giacomelli and David Goldblatt. If some artists represent a dramatic rupture with the past proposing radical new forms, other ones picture the impact of modern life on our inner selves, breaking down our autonomous subjectivity as in the following pieces' by Vito Acconci and Sophie Calle, in Cindy Sherman's "Untitled" (Film Stills) or in the subliminal and ambiguous narrations by some artists from the latest generation such as Janet Cardiff and George Bures-Miller, Paul Pfeiffer, Omer Fast and Destiny Deacon. Not only for the artists, but for writers such as Charles Baudelaire and Edgar Allan Poe, philosophers such as Walter Benjamin, Theodor Adorno and Giorgio Agamben, historians and sociologists such as Georg Simmel and Hannah Arendt, the question of how to understandthe individual in terms of the collective and the collective in terms of the individual has been at stake throughout modern and postmodern times, and is still a highly topical issue in today's globalized world of interconnected groups and "multitudes" of singularities. Today, it is precisely the transitory and the temporary nature of the modern crowd that seems more real than any early modern notion of "class" or "mass". And it is the crowd which challenges our consciousness, our political imaginations, as well as our universe of illusions in art. Carolyn Christov-Bakargiev Curated by Iwona Blazwick and Carolyn Christov-Bakargiev. The exhibition has been organized in collaboration with the Whitechapel Gallery, London. Exhibition: April 6 - July 10, 2005 Opening hours: Tues-Thu 10 am - 5 pm, Fri-Sun 10 am - 9 pm Closed on Mondays |